29 anni fa: in America debuttano “I Simpson” con un episodio natalizio

Sarebbe superficiale limitarsi a ribadire l’impatto culturale de I Simpson nella società americana. Le 29 stagioni, aventi come protagonista la celebre famiglia gialla di cinque membri, residente nella fittizia città di Springfield, rappresentano già una garanzia sufficiente. Un indelebile marchio di successo, ininterrottamente in onda su Fox dalla fine del 1989. Era il 17 dicembre quando, 29 anni fa, gli americani iniziarono ad ammirarsi sullo schermo. L’intento che ha sempre mosso Matt Groening, geniale ideatore e autore della serie, risiede nella rappresentazione satirica di una tipica famiglia americana e del suo approccio alle diverse tematiche e situazioni poste dalla quotidianità. 

Ebbene sì, i Simpson, The Simpsons nella versione originale americana, hanno ottenuto una stella in quel di Hollywood, a riprova del loro successo e del loro impatto

Non tutti ricordano, forse, che i Simpson si presentarono al grande pubblico con un episodio natalizio. Trattare l’avvicinamento e il vissuto del Natale è una caratteristica inossidabile delle sitcom d’oltreoceano, così come per il Ringraziamento. Una semplice maniera per abbozzare una regolare cronologia, ma anche un’occasione per una fotografia fedele di un affaccendarsi così uguale e frenetico, ogni anno, per tutti. 

In questo primo episodio, Un Natale da cani, venne introdotto l’ultimo personaggio che avrebbe poi  completato il quadretto della casa del capofamiglia Homer Simpson,  il cane Piccolo aiutante di Babbo Natale. Un animale senza particolari abilità o tratti distintivi, d’altronde come lo stesso Homer, spacciato come regalo di Natale d’emergenza per tutta la famiglia. In quella prima mezz’ora di show, trasmessa da subito in prima serata, vennero introdotti alcuni degli argomenti che avrebbero continuato ad arricchire la trama negli anni successivi. L’irriverenza del figlio maschio Bart, l’avidità del signor Burns, l’inumano proprietario della centrale nucleare in cui lavora Homer. E, per l’appunto, l’ingenuità del protagonista, la sua totale inettitudine, a cui fa da contraltare la volontà di farsi benvolere dalla propria famiglia nonostante le sue incapacità e i suoi imbarazzi.

Così, terminati i propri soldi, già tagliati dal signor Burns, per rimediare a una bravata di Bart, Homer iniziò un travagliato percorso per accumulare quel denaro che bastasse a comprare qualche regalo da mettere sotto l’albero. Albero, oltretutto, rubato. Perché si può anche essere poveri, ma non è Natale senza i suoi simboli e regali, al di là del loro reale valore. Un’esigenza dalle varie sfaccettature, affettiva, consumistica, dovuta, che costrinse il protagonista a barcamenarsi tra lavori sostitutivi e azzardi. Un falso Babbo Natale al centro commerciale facilmente smascherabile e una scommessa andata a male su una gara clandestina tra cani. La precarietà come unico mezzo per arrivare a una soluzione, per realizzare un obiettivo provvisorio, per tirare a campare. Per trasformare un cane scartato in un apprezzatissimo regalo di consolazione che rendesse il Natale, ancora una volta, indimenticabile. Le soddisfazioni irrinunciabili di una normale famiglia americana. 

Minuto 1:05: “Forza ragazzo, a volte a tua fiducia è l’unica cosa che mi sprona”
Minuto 3:02: “E’ un perdente, è un patetico, è un…Simpson”
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