C’è chi ha sognato di essere come Audrey Hepburn, principessa Anna che si lascia scarrozzare da Gregory Peck, nei panni di uno sconosciuto giornalista americano, lungo le strade immortali e romantiche della capitale durante le sue Vacanze Romane.
Qualcun altro, un po’ di anni dopo, si è messo nei panni di Nanni Moretti e della sua passeggiata affascinante e malinconica lungo i quartieri meno noti della Roma deserta di Ferragosto in Caro Diario.
I più giovani, invece, hanno immaginato di sedurre qualche bella ragazza promettendole un giro lungo i colli bolognesi, o di andare in vacanza con una 50 Special che “toglie i problemi”. Così cantava uno sbarbato Cesare Cremonini nel suo scoppiettante esordio musicale con i Lunapop.
Scene e strofe di immaginari collettivi di più generazioni, ma accomunati da un solo aspetto. Un mezzo, due ruote e un marchio indelebile: la Vespa. Lo scooter della Piaggio venne presentato il 29 marzo di 73 anni fa al Circolo Golf Club dell’Acquasanta di Roma. Una rivoluzione nel trasporto motoristico. Un mezzo che permetteva di essere guidato comodamente, senza un vestiario particolare, diventato simbolo del design Made in Italy, capace di passare dall’asfalto e i sampietrini fino ai musei del MoMa di New York e della Triennale di Milano, dove si trova oggi esposta. Non è un caso che sia stata così spesso adoperata da registi e artisti per dare iconicità alle proprie creazioni. Lo fece anche Federico Fellini per rendere la sua Vita più Dolce.
Ma la Vespa non ha attraversato i confini italiani per mostrarsi soltanto come simbolo dell’eleganza e della semplicità del nostro Paese. La sua forza è stata quella di diventare un simbolo identitario di comunità culturali diverse, come quella dei Mod. Movimento giovanile subculturale, nato nella Londra degli anni Sessanta, faceva dell’uso della Vespa un potente elemento di aggregazione, al pari della musica afroamericana e della qualità sartoriale italiana. L’eco è arrivato anche in zone più remote, come il Mali, dove il giornalista Luca Pistone, nel suo tour dell’Africa da est a ovest su due ruote, ne ha diffuso e radicato il culto. Ma anche in Indonesia, dove, da mezzo di partenza diventa lo spunto per la costruzione di veicoli più complessi e improbabili, con cancelli arrugginiti usati come manubri e telai tubolari.
Se il mito della Vespa resta ancora universalmente valido, ciò non inficia la sua capacità di evolversi. Dal faro basso a quello alto, da quello tondo a quello quadrato della 50 Special, passando per la “Nuova Linea” con cui fu ribattezzato il modello PX del 1977, fino al prototipo senza marce degli anni Novanta. Cambiamenti che si sono integrati sempre alla perfezione nella storica livrea del mezzo, senza snatutarla. Il lancio della linea col motore elettrico dello scorso anno è solo l’ultimo tassello di un percorso di aggiornamento ai tempi correnti, dove le nuove e urgenti istanze ambientali si sposano con un grande classico dal fascino intramontabile.
Lo stesso classico che 73 anni fa fece esclamare per la prima volta a Enrico Piaggio, davanti l’ultimo modello prodotto dalla sua azienda: “Che bello, sembra una Vespa!