Steamboat Willie. Questo il titolo del film con cui, il 18 novembre del 1928, Mickey Mouse, meglio noto in Italia come Topolino, iniziò a farsi conoscere dal grande pubblico. Una scalata iniziata dal Theatre Center di New York e diffusasi in tutto il mondo in molteplici formati: film, fumetti, serie televisive, parchi a tema. Una diversificazione che l’ha reso un’icona globale dell’infanzia, ma soprattutto un marchio riconoscibile da tutti.
Eppure questo brand così duraturo ha avuto una genesi molto travagliata. Topolino nasce come personaggio di riserva, sostituto di Oswald il Coniglio fortunato, la prima creatura di successo di Walt Disney. Il disegnatore, dopo aver lanciato una serie di film di successo con questa figura, ne perse i diritti a vantaggio del suo finanziatore, Charles Mintz. Leggenda narra che, in un viaggio in treno, Walt mutò il coniglio in topo, modificando drasticamente le orecchie e aggiungendo la coda. Dettagli che hanno fatto la differenza, seppur non nell’immediato. Steamboat Willie non fu infatti il primissimo film di Topolino, ma quello che ne decretò l’ascesa. Walt Disney aveva già tentato con L’aereo impazzito e Topolino Gaucho, senza però riscuotere segni di interesse. Il particolare che fece la differenza fu l’introduzione del sonoro, che il mondo del cinema aveva iniziato a sperimentare da poco. Essere il primo cartone animato non muto permise a Topolino, 90 anni esatti fa, di essere la chiave di volta del successo del suo creatore. Walt Disney imparò a difendere i diritti delle sue intuizioni e diede vita così a un mondo ricco e innovativo. A Topolino vennero infatti aggiunti, poco a poco, i personaggi che tutti abbiamo imparato a conoscere, da Pluto a Pippo passando per Paperino. Ma, oltre alla creatività, ciò che a Walt Disney non mancò mai fu la capacità di sfruttare i progressi offerti dalla tecnologia, risultando un pioniere anche nel lancio della cinematografia a colori con Fiori e alberi del 1932, che gli valse l’Oscar per il miglior cortometraggio d’animazione.

Come ha fatto un topo, l’animale per antonomasia più lontano da un ideale estetico, a restare così in voga per quasi un secolo? Di sicuro non è bastata solo l’abile matita di Walt Disney. C’entrano i valori incarnati da questa figura, simbolo dello slancio ottimistico americano del fare, dell’operatività, della collaborazione amichevole. Per non parlare della sua capacità di essere mediaticamente trasversale. Perché se i film sono stati il trampolino di lancio, i fumetti sono forse stati il mezzo più indelebile per penetrare nei riferimenti culturali di più di una generazione. Le “nuvolette” di Topolino sono giunte in Italia nei primi anni Trenta e sono riuscite a resistere anche alla progressiva fascistizzazione dei costumi e al bando del 1938 del regime verso tutti i prodotti di matrice culturale americana. Vennero sostituite solo nel 1942 da un loro surrogato, Tuffolino. Il ritorno in grande stile come settimanale nel dopoguerra prosegue tuttora, anche per merito della capacità di attingere alla realtà attuale e ad altre realtà letterarie e fumettistiche. Così, tra un Paperinik, un Dylan Top e un Topolinix, abbiamo assistito anche alla versione dantesca L’Inferno di Topolino e al Paperino Don Chisciotte. Per non parlare dei tanti calciatori trasfigurati in versioni fumettistiche, da Buffon e Totti fino a Donnarumma e Icardi. Come se l’apparizione nel mondo dei roditori e dei paperi sia un certificato di acquisita qualità e visibilità.
Capacità di inglobare, di spaziare, di mantenersi al passo coi tempi. Di passare dal più pesante film Fantasia del 1940, basato su una serie di composizioni di musica classica, all’House of Mouse dei primi anni 2000, la frenetica serie televisiva con cui si sono affezionati gli ultimi fan dei primi anni 2000. Topolino cambia, ma resiste e si avvicina al centinaio. Intanto si concede il suo meritato giorno di festa, celebrato da programmazioni televisive dedicate e da tanti eventi nei parchi creati per dare forma concreta al suo mondo raffigurato, da Los Angeles ad Orlando, passando per Parigi, Tokyo, Hong Kong e Shanghai. Chi altro potrebbe permettersi un compleanno così universale?